Sei stato così abile che quasi riuscivi a rendermi umano Menon, per il quale provavo – forse sono l’unica – disprezzo. Non per la sua mente e la sua cultura, che erano di indiscutibile altezza e ampiezza, ma per le sue qualità umane: trovavo nei suoi gesti folli e nel suo maschilismo la stessa rozzezza dei contadini e degli operai del mio paese. Solo che loro avevano la scusante della non acculturazione.
Io volevo uscire da quel mondo e lui lo elevava a libertà dalle convenzioni. Senza, peraltro, riuscirci, tant’è vero che cadeva in quello che è platealmente il centro della vita di campagna: la sessualità. Solo che in campagna la sessualità è vissuta come essere-natura – pur con buona dose di aggressività accresciuta dal vino – per gli intellettuali borghesi, tipo Menon, il sesso è il luogo dove affermare una superiorità, che si sa frustrata.

(3 settembre 2013)  

Loredana M.

Gian Giacomo Menon nacque nel 1910 a Medea (Gorizia), allora territorio austriaco. Dal 1937 all’anno della morte (2000) ha vissuto e insegnato a Udine.
Pensiero individualista, solipsista, pragmatista, sostenitore della isostenia dei logoi, definiva così i suoi «segnali di vita»: casualità, nudità, paura.

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