Gian Giacomo Menon, il professore-poeta che conosceva il segreto di far volare le parole
12 giugno 2012
Tutte le carte del poeta Gian Giacomo Menon (Medea 1910 – Udine 2000), leggendario professore di storia e filosofia del liceo classico “Jacopo Stellini” dove insegnò ininterrottamente per 30 anni, sono state donate dalla moglie Silvia Sanvilli alla biblioteca comunale “Vincenzo Joppi” che le raccoglierà in un apposito fondo documentario. Contemporaneamente i nipoti di Menon, insieme a un gruppo di suoi ex allievi, hanno finanziato una borsa di studio post lauream di 2.639 euro destinata al riordino e alla catalogazione del fondo Menon.
L’annuncio è stato dato ieri in una conferenza stampa, convocata alla “Joppi”, dal direttore della biblioteca Romano Vecchiet.
La donazione e la borsa di studio rappresentano la conclusione della prima tappa di un più organico e vasto progetto finalizzato alla conoscenza e alla valorizzazione della figura e dell’opera di Menon che prevede nei prossimi mesi anche la pubblicazione di due libri: uno di poesie inedite e l’altro biografico, per i quali sono già in fase avanzata i necessari contatti editoriali. In questo contesto i promotori rivolgono un appello a tutti coloro che possiedono manoscritti, dattiloscritti, fotografie o altri documenti di o su Menon affinché li donino (anche in copia) all’apposito fondo appena costituito nella biblioteca “Joppi”.
Famigliari ed ex allievi con le loro iniziative vogliono sottrarlo all’oblio, all’evanescenza dei ricordi personali e delle testimonianze orali e consegnarlo, come merita, alla storia.
La borsa di studio è stata finanziata dai nipoti di Menon (Giorgio, Franco e Annasilvia Bombi, Francesco Sanvilli) e dagli ex allievi: Giuliano Abate, Gabriella Burba, Francesca Castellani, Annamaria Pazienza Gavardi, Cesare Sartori e Anna Storti.
Per Menon scrivere poesia era la ragione di vita, una necessità vitale come respirare. Fino quasi all’ultimo giorno della sua lunga esistenza, la metà della quale vissuta in modo ostinatamente e volutamente appartato, non ha fatto altro che scrivere “foglio dopo foglio per una decisione di assenza consumata in un’amara invenzione”. Innamorato pazzamente della vita incandescente delle parole, Menon ha evitato con grande determinazione di lasciare tracce pubbliche di sé, ma ha pur tuttavia lasciato migliaia e migliaia di versi di ermetico splendore dei quali però, finora, è stata pubblicata soltanto una parte infinitesimale.
Come poeta è stato tra i “migliori fabbri” della parola, un eccellente artigiano del logos, un orafo sopraffino del linguaggio, un prestidigitatore del lessico. Come ha scritto Giacomo Trinci, quella di Menon è “un’intelligenza poetica fervida e crudele, sventata e necessaria; nelle sue poesie si canta la croce della Carne, l’estremo strazio di un reale doloroso e vitale, eccitato e insieme desideroso di spegnimento”.
Personaggio controverso, scomodo, ingombrante, a volte perfino insopportabile nei suoi istrionismi, stranezze e bizzarrie, ma in ogni caso presenza ineludibile, Menon è stato uno di quegli insegnanti che lasciano segni duraturi, che incidono in profondità e a lungo nelle coscienze; un maestro nel senso più autentico del termine, un anticipatore e un costruttore di ponti tra culture, discipline, mondi diversi. Impossibile restare indifferenti durante le sue lezioni.